Fu lui, nella seconda metà degli anni Venti, quando incise i
primi dischi sotto suo nome, a far diventare per la prima volta
arte cio' che era stata, e per molti sarebbe rimasta ancora, solo
una colorita e divertente musica d'intrattenimento radicata nel
folklore del "Profondo Sud" degli Stati Uniti.
Era nato, nel 1901, in una baracca di un unico stanzone nel più
povero quartiere nero di New Orleans. Suo padre abbandonò la
famiglia quando lui era ancora un bambino e sua madre si
"arrabattò" in molti modi per allevarlo insieme alla
sorella Beatrice. Ebbe un'istruzione rudimentale e la maggior
parte delle cose le apprese nella strada ed in riformatorio. Imparò
a suonare la cornetta alla Waif's Home, una casa di correzione per
ragazzi neri. Ci era entrato nel 1913 dopo essere stato arrestato
la notte di Capodanno per una sparatoria con certi suoi coetanei.
Fu un male che non venne per nuocere: lì infatti trovo un
guardiano, Peter Davis, che gli insegnò i primi rudimenti della
musica e gli mise in mano, forse per la prima volta, una cornetta.
Divenne presto il direttore della banda del riformatorio che
veniva inviata a rallegrare le feste popolari in città. Ma quando
Dippermouth o più semplicemente Dipper (tale era il suo
soprannome, dovuto al fatto che avesse la bocca a forma di
mestolo) uscì dal riformatorio non suonò per un paio d'anni e si
limitò ad ascoltare la musica degli altri, soprattutto al Lincoln
Park. Cominciò a fare le prime esperienze di musicista
professionista (con un altro mestiere di appoggio, come tutti in
città) in qualche locacalaccio di Storyville, uno dei quali era
gestito da un italiano, Henry Matranga, per il quale sua madre
lavorava come donna di servizio.
Negli anni in cui Louis, continuando a girare per le strade, di
giorno, col carretto del carbone, iniziò a suonare i primi blues
gli capitò di conoscere molti dei migliori musicisti della città:
fra gli altri, Kid Ory, Sidney Bechet, e soprattutto King Oliver,
per cui nutriva una sconfinata ammirazione e che gli diede qualche
lezione di cornetta. Fu Oliver a sceglierlo come suo sostituto
nell'orchestra di Ory quando, nel 1918, lasciò la città per
trasferirsi a Chicago. In questi anni Louis suonò un po'
dappertutto e riuscì, con gli introiti da musicista, ad
abbandonare per sempre il carretto del carbone. Nel frattempo si
era sposato ma il matrimonio con Daisy era presto divenuto
un'ossessione che comportava, abbastanza spesso, soggiorni in
carcere per botte da orbi in pubblico e privato e violente scene
di gelosia da parte di Daisy in casa ed in mezzo alla strada.
Venne poi il giorno che aveva sempre aspettato, o forse soltanto
sognato: quello in cui Papa Joe, ovvero King Oliver, gli inviò un
telegramma da Chicago per invitarlo ad unirsi alla sua Creole Jazz
Band. I duetti di cornette tra il vecchio ed il giovane astro del
jazz divennero ben presto famosi ed in quell'orchestra Louis
conobbe la pianista Lil Harden che sarebbe diventata la sua
seconda moglie nel 1924. Ad un certo momento, convinto anche dalla
moglie, fu sedotto dall'idea di diventare l'unico solista del suo
strumento ed entrò nella formazione di Ollie Powers; vi rimase
pochi mesi per poi accettare un'offerta di Fletcher Henderson che
lo indusse a trasferirsi a New York per sostituire Joe Smith nella
sua orchestra.
In breve i musicisti jazz di New York furono conquistati dal nuovo
venuto che per molti divenne il modello da imitare e per qualcuno
un idolo. Ma il successo non pareva al giovane cornettista un
premio sufficiente per quanto aveva lasciato a Chicago. Non gli
piacevano inoltre i modi in cui si comportavano i suoi colleghi
nell'orchestra di Henderson: bevevano troppo e non prendevano sul
serio il loro lavoro. Tornò quindi a Chicago, in un'orchestra
diretta dalla moglie e poi in quella di Carroll Dickerson dove
conobbe Joe Glaser, suo futuro manager, e Earl Hines, il più
brillante pianista jazz del momemto.
Il periodo del suo ritorno a Chicago lo vide molto impegnato negli
studi di registrazione insieme a vari gruppi da lui diretti, gli
Hot Five in seguito Hot Seven ed altri, dove incise gran parte
delle sue più belle esecuzioni, dimostrando di essere il più
grande strumentista che il jazz avesse fino allora espresso.
Ascoltando le incisioni effettuate tra il 1926, anno della sua
prima affermazione presso un largo pubblico, e il 1928, quando
raggiunse la perfezione e realizzò i suoi capolavori, è facile
rendersi conto della progressiva maturazione del suo stile che,
inizialmente reminiscente di quello di Oliver, si affrancò sempre
più da influenze estranee per divenire poi personalissimo.
In molte di queste esecuzioni Armstrong non si conferma soltanto
il miglior strumentista del suo tempo ma anche il più notevole
cantante che il jazz avuto. La sua voce cavernosa, rauca, non di
rado deliberatamente grottesca si fa apprezzare per le stesse
qualità di inventiva musicale e di espressività che
caratterizzano il suo lavoro di solista di cornetta prima, e di
tromba poi. (misterjazz) |