Pietro
Bembo e l'invenzione del Rinascimento
Capolavori da Bellini a Tiziano da
Mantegna a Raffaello

2
febbraio - 19 maggio 2013
Palazzo del Monte - Padova (PD)
Bembo
e la "invenzione" dell'arte italiana
In mostra a Palazzo del Monte i capolavori
che egli aveva riunito nella sua casa di Padova
La
Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo
annuncia l'evento espositivo del 2013: dal 2
febbraio al 19 maggio, a Palazzo del Monte, si
accederanno i riflettori sulla mostra Pietro
Bembo e l'invenzione del Rinascimento che
riporterà a Padova, dopo cinque secoli, i
capolavori della collezione che l'intellettuale
veneto, poi divenuto cardinale, aveva riunito
nella propria casa, ancora esistente nell'attuale
via Altinate.
La grande mostra Pietro Bembo e l'invenzione
del Rinascimento. Capolavori da Bellini a Tiziano
da Mantegna a Raffaello, che negli scorsi
mesi è stata preceduta da un convegno
internazionale di approfondimento, è promossa
dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e
Rovigo insieme al Centro Internazionale Andrea
Palladio e con il patrocinio del Ministero per i
Beni Culturali ed Ambientali. La mostra è guidata
da un consiglio scientifico presieduto da Howard
Burns, dove siedono Giovanni Agosti, Davide
Banzato, Guido Beltramini, David Alan Brown,
Matteo Ceriana, Marco Collareta, Caroline Elam,
Massimo Firpo, David Freedberg, Davide Gasparotto,
Fabrizio Magani, Paola Marini, Arnold Nesselrath,
Alessandro Nova, Pier Nicola Pagliara, Fernando
Rigon, Vittoria Romani, Salvatore Settis, Adolfo
Tura, Claudio Vela. E' curata da Guido Beltramini,
Davide Gasparotto e Adolfo Tura
Non a caso, per l'annuncio ufficiale dell'evento
è stata scelta Casa Bembo, oggi sede del Museo
della Terza Armata. Qui, negli anni padovani di
Bembo, ovvero a partire dai primissimi anni Trenta
del Cinquecento erano concentrati dipinti di
grandi maestri come Mantegna e Raffaello, sculture
antiche di prima grandezza, gemme, bronzetti,
manoscritti miniati, monete rare e medaglie. La
ricchezza e varietà degli oggetti d'arte,
raccolti per gusto estetico ma anche come preziose
testimonianze per lo studio del passato, rese agli
occhi dell'Europa del tempo la casa di Bembo come
"la casa delle Muse" o "Musaeum",
precursore di quello che sarà il moderno museo.
Per una breve stagione, proprio grazie
all'influenza di Bembo e al suo gusto
collezionistico, Padova divenne baricentro e
crocevia della cultura artistica internazionale,
perché in città prendeva vita qualcosa di
inedito che avrà enormi ripercussioni nei secoli
a venire, la nascita di una nuova tipologia di
raccogliere e presentare non solo l'arte, ma la
conoscenza stessa: il Museo, termine che da allora
diviene universale.
Dopo la morte di Bembo i capolavori vennero
venduti dal figlio Torquato e si dispersero nel
mondo ed oggi sono conservati nei grandi musei
internazionali, che li concederanno
eccezionalmente in prestito in occasione della
mostra padovana.
Pietro Bembo è una figura poliedrica nell'Italia
del Rinascimento. Veneziano di nascita, padovano
di elezione, di casa nella Roma dei Papi, egli fu
molte cose insieme, e tutte al massimo grado. Fu
poeta, Storiografo e Bibliotecario
della Repubblica Veneta, e il letterato che
influenzò in modo determinante la letteratura
rinascimentale. Con Aldo Manuzio rivoluzionò il
concetto di libro, curando volumi di classici di
piccolo formato privi di commento, che potessero
essere letti al di fuori delle aule universitarie.
Amò donne bellissime come Lucrezia Borgia, e cantò
l'amore, non solo platonico, negli Asolani
e nei Motti. A sessantanove anni fu
nominato cardinale da Papa Paolo III, e pose le
basi per la leggendaria Biblioteca Vaticana.
Oltre che di Raffaello e Michelangelo fu amico,
guida e protettore di artisti come Giovanni
Bellini, Sansovino, Sebastiano Dal Piombo,
Tiziano, Benvenuto Cellini, Valerio Belli, di cui
collezionò e spesso ispirò le opere.
Il titolo dell'esposizione, Bembo e
l'invenzione del Rinascimento, riporta
all'Italia sul finire del Quattrocento, quando la
penisola è frantumata in piccole corti e centri
di potere. Ad un paese in piena crisi politica e
militare, Bembo offre una identità comune in cui
riconoscersi. Egli è infatti fautore di un'idea
di unificazione dell'Italia a partire dalla
creazione di una lingua nazionale: nelle Prose
della volgar lingua, pubblicato nel 1525,
Bembo codifica le regole dell'italiano, fondandolo
sugli scritti di Petrarca e Boccaccio.
Sul versante dell'arte, Bembo indica Michelangelo
e Raffaello come campioni di un nuovo,
rivoluzionario fare artistico, che egli vede
simmetrico a quanto accade nel campo della
letteratura. Coglie infatti nel loro procedere
creativo una nuova "lingua dell'arte"
basata sulla grandezza dell'arte romana antica, e
che ricerca una perfezione senza tempo e senza
connotazioni regionali: un linguaggio universale
che sarà riconosciuto nei secoli a venire come
quello del Rinascimento italiano.
Grazie a Bembo, Michelangelo e Raffaello un'Italia
suddita delle grandi potenze sul piano militare,
trionfa in Europa conquistando il primato con le
armi dell'arte e della cultura.
La mostra Pietro Bembo e l'invenzione del
Rinascimento racconta questa affascinante
epopea, attraverso i capolavori da Mantegna a
Raffaello, da Giovanni Bellini a Tiziano che Bembo
collezionò, o che vide creare, spesso
contribuendo alla loro ideazione.
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